Addio ai parenti dei politici in enti, agenzie e aziende regionali. Il Lazio approverà presto una norma per vietare ai congiunti, fino al quarto grado, di consiglieri e assessori di essere assunti alla Regione. Del resto più che «serpenti», i parenti sono «raccomandati». Succede dovunque, in Italia. In piccoli Comuni, nelle Regioni o in Parlamento. In ogni tipo di ente, società partecipata, fondazione. Basta che ci siano poltrone libere, fosse anche uno strapuntino. Così la politica spesso diventa un vero e proprio affare di famiglia.
A volte portano i cognomi di consiglieri o assessori, altre, invece, quelli della moglie o del cognato del politico di turno. Negli anni passati il Lazio è stato «all'avanguardia»: nella scorsa legislatura il presidente di una Commissione aveva assunto il nipote nella segreteria della stessa Commissione e un capogruppo aveva «casualmente» contrattualizzato la moglie come capo del proprio staff. Ma la musica continua ad essere la stessa: la sorella di un assessore è stata assunta nella segreteria di un altro assessore. Tanto per mischiare un po' le carte.
Ma mentre la maggioranza in Parlamento rinvia i tagli ai costi della politica e ai privilegi degli onorevoli, proposti dal ministro dell'Economia Tremonti, il Lazio cambia passo. È stato il leader de La Destra, Francesco Storace, già ministro ed ex governatore, a presentare una proposta di legge antiparentopoli. Una norma che la presidente Renata Polverini ha inserito nell'assestamento di bilancio che verrà approvato tra una ventina di giorni. L'idea ha ottenuto, sulla carta, il via libera dell'intera maggioranza alla Pisana. «Entro il mese di luglio cesserà, almeno nel Lazio, lo scandalo dei parenti illustri nei consigli di amministrazione» spiega Storace, che precisa: «La proposta è stata sottoscritta anche da Veronica Cappellaro e Ernesto Irmici del Pdl, Gilberto Casciani della lista Polverini e Antonio Paris del gruppo Misto». Cosa cambierà? «In sostanza - continua Storace - con la legge antiparentopoli, sarà precluso ai congiunti fino al quarto grado di consiglieri regionali in carica di accedere alle presidenze e ai consigli d'amministrazione delle aziende regionali, oltre che nei collegi dei revisori dei conti. La norma vale per enti, agenzie, aziende regionali. In pratica è una vera e propria rivoluzione».
Nella norma di Storace è scritto nero su bianco che gli incarichi «politici» sono incompatibili con «l'esistenza di un rapporto coniugale, di affinità ovvero parentale in linea retta e in linea collaterale sino al quarto grado con i consiglieri regionali in carica e con i componenti in carica della giunta. Entro trenta giorni dall'entrata in vigore della legge si verificherà la condizione parentale di ogni nominato e gli incompatibili saranno sostituiti. «È una bella affermazione de La Destra - aggiunge Storace - e va riconosciuto merito all'amministrazione Polverini di aver accettato di buon grado l'inserimento della norma all'interno di un documento fondamentale come l'assestamento di bilancio. Ora sta al Consiglio regionale fare la propria parte e siamo certi che nessuno vorrà sottrarsi alla responsabilità di dare un segnale di buona politica al popolo della nostra regione». Ma il leader de La Destra guarda anche agli altri. A cominciare da Roma: lo scandalo «parentopoli» nelle società comunali, del resto, è ancora vivo. «Magari questa iniziativa potrà essere duplicata nelle altre Regioni e in Parlamento. E se negli enti locali venisse presa in esame anche solo per deliberare in materia, sarebbe già un grande passo in avanti. A partire da Roma». Soddisfatto anche il consigliere Irmici (Pdl): «È una norma di civiltà istituzionale importante anche per rinsaldare i rapporti dei cittadini con la politica». Mentre per la presidente della Commissione Cultura, spettacolo e sport della Regione, Veronica Cappellaro, «la norma antiparentopoli rappresenta un primo segnale importante sul fronte della lotta ai privilegi e soprattutto nella direzione di una nuova etica nella politica». Il consigliere de La Destra, co-firmatario della proposta, Roberto Buonasorte, si augura «che il Lazio sia da esempio per le altre regioni».
Pronto a votare sì anche il capogruppo dell'Idv, Vincenzo Maruccio: «Ben vengano le norme che migliorano la trasparenza e l'efficienza della pubblica amministrazione». Ma non è tutto. La Pisana potrebbe inaugurare una vera politica di tagli ai privilegi. Il presidente del Consiglio regionale, Mario Abbruzzese, ha presentato una proposta di legge per cancellare i monogruppi, cioè i partiti formati da un unico consigliere, e per tagliare vitalizi e pensioni. Oggi, infatti, grazie a una norma approvata nella scorsa legislatura, gli eletti alla Pisana possono ricevere un assegno mensile (che varia dai 3.100 ai 6.200 euro netti in proporzione alle legislature effettuate) già a 50 anni. Altro che crisi e aumento dell'età pensionabile.
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